di Daniele Santi
Ecco un altro di quelli che che “o così o pomì”, che “se non va come dico io lascio la politica”, in perfetta linea renziana (che è ancora lì come tutti gli altri). Questa volta però la faccenda è seria, perché a dirlo è il Grande Manovratore della Teocrazia leghista (oggetto di culto Le Sacre Acque del Po con ampolle e qualche affare poco chiaro al seguito), il senatore Roberto Calderoli artefice della svolta possibile che consegnerà le regioni ricche alla ricchezza e il sud alle mafie e alla povertà più estrema.
Il senatore si esprime dalle pagine di Repubblica dalle quali ricorda che “L’elezione diretta del presidente del Consiglio non è il Sindaco d’Italia”, peccato che in tutta l’intervista non si capisca che cosa sarà questa “elezione”. Non parla di pesi e contrappesi, non descrive le riforme che dovranno accompagnare l’ennesimo incubo leghista che si vuole fare ingoiare agli italiani, non dice niente. Come al solito. Da quando sta lì non dice niente. Dice però che se non si fa così lui se ne andrà. Ed è un’occasione imperdibile che i signori del parlamento non dovrebbero perdere. Poi faranno loro. Naturalmente Calderoli attacca la sinistra “ha fatto carne di porco con le lottizzazioni del servizio radiotelevisivo”. Detto da uno che ha partorito una legge elettorale nota come porcellum potrebbe quasi sembrare una verità.
Poi si incazza (“Mi girano le scatole”) quando gli si parla delle Regioni. “Non ne ho convinte 4 su 20, e queste quattro sono tutte targate Pd. Aggiungo che due, L’Emilia Romagna e la Toscana, se non avessero ricevuto ordini di scuderia, sarebbero pro autonomia”, quali siano gli ordini di scuderia non è chiaro. Il presidente della Regione Emilia-Romagna è anche il presidente del PD (uno che gli ordini lì dà, non li prende) e Giani dalla Toscana è renziano, il quale Renzi è favorevole a parte del disegno teocratico leghista. Di cosa biascica Calderoli?
Non si capisce. Alla domanda “Quindi sulle riforme costituzionali condividerete il presidenzialismo, il semipresidenzialismo o il premierato?” risponde altro, e si sofferma su Mattarella che è colui che nessuno dovrebbe nominare senza sapere che si fa male da solo, ma andiamo oltre. Il resto dell’intervista è tutto un’accusa di interpretazioni capziose, di leggi elettorali che “avrei in testa” perché le idee sono mie e me le tengo per me, di accuse sparse e di minacce di andarsene. Alle tante ragione per dire “No” alle riforme autoritarie e illiberali delle destre se ne aggiunge un’altra. Non meno rilevante delle altre.
(15 maggio 2023)
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