di Kishore Bombaci
Nel febbraio del 2022, non appena usciti dall’emergenza mondiale dovuta al Covid 19, quando sembrava che il mondo potesse letteralmente ricominciare a respirare, una nuova catastrofe si profilava minacciosa.
Anticipata da un discorso delirante del Presidente Vladimir Putin, la Federazione Russa il 24 febbraio dava avvio all’invasione dell’Ucraina, in totale spregio del diritto internazionale e mossa da ambizioni neoimperialiste mascherate da guerra di liberazione del Donbass e denazificazione [sic!] dell’Ucraina.
Una retorica propagandistica stomachevole faceva da cornice all’operazione militare speciale – nuovo reframing linguistico per nascondere il termine “guerra” – che nelle intenzioni dell’aggressore doveva durare lo spazio di qualche giorno. Un vero e proprio blitzkrieg cui sarebbe conseguita la liberazione del Donbass dal giogo dell’oppressore ucraino. Insomma, un totale rovesciamento della realtà che ha fatto da cornice di riferimento ideologica per giustificare la più feroce brutalità dei russi fatta di di massacri di civili, fosse comuni, bombardamenti di ospedali e asili, pulizia etnica (almeno tentata), sull’esempio di quanto accaduto in Cecenia.
Oggi dopo un anno siamo ancora immersi in questa guerra lampo [sic] scatenata a tradimento da Putin per soddisfare brame territoriali mai sopite e che un atteggiamento apparentemente conciliante tenuto nel decennio scorso ha mascherato solo in parte. Un anno di guerra il cui unico risultato sono città distrutte e milioni di sfollati. Eppure tutta la retorica impiegata dal satrapo moscovita e dai suoi corifei contrabbandati per pacifisti non possono nascondere l’evidenza dei fatti, quelli puri, nudi e semplici. C’è un aggressore, c’è un aggredito e c’è la violazione di ogni norma internazionale.
Questi sono i fatti, il resto è fuffa.
E di fronte a questi fatti, è fondamentale non perdere la bussola, seppur esausti per una guerra le cui conseguenze le stiamo pagando anche in Occidente. E’ fondamentale, cioè, rimarcare l’unità e la compattezza di una comunità internazionale che condanna senza se e senza ma l’aggressione (salvo qualche stato canaglia) e che anche oggi, in sede ONU ha trovato una sostanziale unanimità nella mozione di condanna e richiesta di ritiro unilaterale delle truppe russe dal territorio ucraino.
Una comunità internazionale, in special modo occidentale, che non ha fatto mancare il proprio ausilio al popolo e al governo ucraino sia dal punto di vista finanziario sia dal punto di vista umanitario e sia dal punto di vista militare. Uno smacco per il leader russo che ne certifica un clamoroso errore di valutazione e che si aggiunge alla speranza vana di veder rivoltare le opinioni pubbliche occidentali fiaccate dall’interruzione delle forniture del gas. L’Occidente tanto vituperato da Putin (e non solo) ha retto all’urto, mostrando saggezza e duttilità e dichiarando al mondo che certi valori non sono negoziabili.
La libertà, l’ autodeterminazione dei popoli, la sicurezza internazionale sono i pilastri su cui si è costruita l’identità occidentale e la moderna democrazia , basata sulla forza del diritto e non sul diritto della forza.
Per questo lo scontro non è solo militare, ma investe una dimensione quasi antropologica e riflette la tensione tra democrazia e autocrazia. Se questa è la posta in gioco, non possono esserci dubbi riguardo il da che parte stare. Pena rinnegare se stessi. Lo sa bene il Presidente Zelensky, vigliaccamente bersagliato di insulti ingiusti e ingenerosi, ma lo sanno bene anche i leader occidentali che, infatti, non si sono piegati al ricatto russo. Quell’Occidente pavido negli anni della guerra in Cecenia – dove la Russia aveva già dimostrato palesemente le atrocità delle quali era capace – e nel 2014 quando fu invasa la Crimea, in questo anno ha dimostrato l’attaccamento ai propri valori fondativi.
E poi ci sono loro. Gli aggrediti. L’amore per la Patria, la strenua difesa della propria identità nazionale e territoriale da parte degli ucraini è stato il fattore X che Vladimir Putin non si aspettava e che lo sta inchiodando in una guerra di logoramento dagli esiti quantomeno incerti, nonostante ogni forzatura fatta (compresa quella dell’annessione dei territori del Donbass costituzionalizzata da referendum farsa). Gli Ucraini che dalla riconquista di Kiev alle battaglie sul fronte orientale passando per la difesa “spartana” della fabbrica di Maripuol hanno dimostrato tutto il loro eroismo è la variabile impazzita, quella che fa saltare i programmi. E no! Non sono nazisti, sono patrioti pronti al sacrificio più estremo per la difesa dell’Ucraina che non può essere considerata mera “espressione geografica” della Grande Russia.
Adesso il leader russo si trova davanti il proprio fallimento senza tuttavia poter farvi fronte a dimostrazione del fatto che questa guerra è stata non solo illegittima ma anche programmata male e condotta peggio.
Questo anno di guerra porta con sé tristezza, morte e sangue del quale l’aggressore dovrà rendere conto davanti alla Storia e prima davanti alla Giustizia penale internazionale; ma porta con sé anche una rinnovata speranza per quei valori spesso dimenticati che gli eroi ucraini invece ci hanno ricordato al prezzo della vita. Ecco perché è importante che l’Ucraina vinca questa guerra.
Ecco perché è importante non fare concessioni all’aggressore (che non siano volute anche dall’aggredito). Perchè se si accettasse l’idea che una pace ingiusta è ammissibile, il mondo sarebbe più insicuro. Ogni Stato si sentirebbe legittimato a invadere il proprio vicino sapendo che “comunque qualcosa otterrà”. Si aprirebbe una breccia che poi diverrebbe impossibile chiudere. Per questo bene ha fatto l’Italia, con Draghi prima e con Meloni poi a non retrocedere di un millimetro sul terreno del sostegno alla resistenza ucraina. Non è in gioco solo il futuro di quel martoriato paese ma è in gioco il futuro di tutti noi. Dopo un anno di guerra l’unica pace è quella che reca con sé la giustizia che deriva dal ripristino delle regole internazionali violate impunemente dalla Russia.
Citando una frase che meglio non potrebbe sintetizzare l’attuale fase: Se la Russia cessa le ostilità, finisce la guerra; se l’Ucraina cessa di resistere, finisce l’Ucraina. E con l’Ucraina l’Europa così come la conosciamo.
(24 febbraio 2023)
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