di G.G.
Il notevole contributo alla civiltà dell’intolleranza egalato da Antonio Tajani e proferito dalle insondabili altezze riservate agli Dei dalle quali dispensa il suo insostituibile verbo che evidentemente ritiene necessario, ha a che fare più con l’idea che ha di sé che con la realtà che sembra ignorare. Il ministro degli Esteri e vicepremier, oltre che uomo di punta di una partito politico la cui unica idea è quella di vivere sulla beatificazione dello scomparso fondatore, pur di guadagnare visibilità, è riuscito a definire minorenni manganellati ricoverati in pediatria (in pediatria!) come dei “figli di papà”, “radical chic” in un crescendo di toni i disprezzo insopportabili non solo a un orecchie educato. Lo scrive un pezzo di Daniele Santi su Gaiaitalia.com Notizie.
Anche Matteo Salvini, che si prepara a un’altra sonora randellata elettorale dopo il 3,8% della Sardegna, ha voluto dire la sua: “Se mio figlio insultasse i poliziotti ci penserei io”. Ricorderanno lettrici e lettori che infatti l’educatissimo figliolo i poliziotti li ha sempre rispettati – anche se gli si può rimproverare qualche eccesso di confidenza – limitandosi a farci un giro su una moto d’acqua d’ordinanza, proprio nel periodo in cui il padre era ministro dell’Interno (leggerissimamente prima del trionfo del Papeete) e presente in spiaggia a controllare le gesta dell’erede. Era il 30 luglio 2019 e avendone la possibilità il potente padre che oggi pontifica sui figli altrui ha regalato una soddisfazione al sangue del suo sangue.
Come dargli torto….
(2 marzo 2024)
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