Per essere un uomo di destra il giornalista Mario Sechi, recentemente elevato al sacro rango di portavoce dell’augusta Meloni, presidente del Consiglio dei Ministri e leader del maschissimo partito di FdI in odore di onnipotenza, per come vanno le cose, ha due difetti insoppportabili: è molto preparato, ha una testa pensante in modo indipendente. Last but not least ha pure spirito critico. E i difetti diventano tre.
Tanto basta per farlo prontamente cadere in disgrazia subito dopo l’elevazione alla vicinanza al sacro scranno meloniano e a scatenare gli aculei di coloro che sono pochissimo, anche rispetto al nulla, e ai quali devi però deferenza che nelle loro inutili teste diventa servilismo perché io ho più potere di te. Anche se valgo enormemente meno. Pare ci siano di mezzo le donne ombre della Presidentissima che, non amando il Sechi, portebbero o forse avrebbero già portato la nave del portavoce, allo schianto sugli scogli dell’eternità della fiamma tricolore. Parrebbe proprio che Sechi possa ricollocarsi, previe dimissioni, alla poltrona di direttore di Libero dalla quale potrebbe essere assai più utile.
L’idillio [sic] è durato quattro mesi. Un record nei rapporti interpersonali eterni interni alle granitiche destre delle perenni lotte di potere.
Certo si tratterà di notizie tendenziose della pericolosa stampa comunista che, nelle parole di bocchino, domina il panorama giornalistico italiano, ma la notizia è stata anticipata da Dagospia. Che difficilmente si sbaglia, soprattutto quando sembra farlo.
(27 giugno 2023)
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