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Il 25 aprile 2023 ricorda che senza le “donne di resistenza” non ci sarebbero oggi donne al potere

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di Silvia Morganti

Ogni 25 aprile si celebra l’anniversario della liberazione d’Italia dal nazifascismo, la fine dell’occupazione nazista e la definitiva caduta del regime fascista. Giorno simbolo della Resistenza cioè della lotta condotta dai partigiani. Declinato quasi sempre (ma solo per volontà e caparbietà delle donne) al maschile. La realtà però è un’altra.

Partiamo dai numeri. Dai dati rilevati dall’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia della Resistenza al femminile, emerge una realtà per molti poco conosciuta. Infatti non tutti sanno che furono 35.000 le partigiane combattenti, 20.000 le patriote con funzioni di supporto, 70.000 in tutto le donne organizzate nei Gruppi di difesa, 512 le commissarie di guerra, 683 le donne fucilate o cadute in combattimento,  1.750 le donne ferite, 4.633 le donne arrestate, torturate e condannate dai tribunali fascisti e 1.890 le deportate in Germania.

Cifre che secondo molte associazioni sono molto inferiori ai dati reali di quante donne effettivamente presero parte alla Resistenza e alla Liberazione dell’Italia.

Tutti pensano che le donne all’interno della Resistenza abbiano avuto un ruolo secondario. Si pensa a loro come semplice supporto e assistenza ai partigiani. Ci si ricorda delle donne che portano cibo e medicinali. Delle donne madri e infermiere. Forse qualcuno ricorderà le staffette, ragazze tra i 16 e 18 anni, che avevano il compito di garantire i collegamenti tra le varie brigate e mantenere i contatti tra i partigiani e le loro famiglie. Venivano arruolate così giovani perché si pensava avrebbero destato meno sospetti e quindi non sottoposte a perquisizioni. Ma ci si ricorda anche che queste giovani donne quando cadevano in mano nemica venivano torturate, violentate e uccise? Ma le donne durante la resistenza furono delle vere e proprie protagoniste. E soprattutto protagoniste volontarie, militarmente e politicamente impegnate.

Uscirono dal loro dovere domestico facendosi carico di responsabilità storiche dirette, diventando parte di una conoscenza collettiva di classe. Inoltre molte di loro divennero capifamiglia, al posto dei mariti arruolati nell’esercito. Molte si occupavano della propaganda del pensiero d’opposizione al nazifascismo con la stampa dei giornali e dei fogli del Comitato di Liberazione Nazionale. E, come abbiamo detto, oltre 35.000 furono le donne combattenti che impugnarono le armi per liberare l’Italia dal giogo nazifascista. Donne che presero parte alle tante brigate partigiane combattendo insieme agli uomini. Il loro ruolo fu determinante soprattutto nelle montagne e nelle campagne.

Simbolo della loro opera è una borsa da spesa, nella quale nascondevano sotto frutta e verdura, le informazioni cifrate dei partigiani. La borsa della spesa, elemento e simbolo del ruolo circoscritto della donna a custode della casa e della famiglia. Quella borsa della spesa rendeva la donna innocua.

Al momento della Liberazione, le donne vennero escluse dalle sfilate partigiane nelle città liberate. Le donne che hanno ricevuto medaglie d’oro al valore per le loro azioni durante la resistenza sono state solo diciannove: Irma Bandiera, Ines Bedeschi, Gina Borellini, Livia Bianchi, Carla Capponi, Cecilia Deganutti, Paola Del Din, Anna Maria Enriquez, Gabriella Degli Esposti Reverberi, Norma Pratelli Parenti, Tina Lorenzoni, Ancilla Marighetto, Clorinda Menguzzato, Irma Marchiani, Rita Rosani, Modesta Rossi Polletti, Virginia Tonelli, Vera Vassalle, Iris Versari, Joyce Lussu.

Dopo il Referendum del 2 giugno 1946, Nilde Iotti, attiva nella Resistenza, fu eletta in Parlamento e contribuì a creare l’articolo 3 della Costituzione italiana che sancisce l’uguaglianza dei cittadini: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”.

Nel 1965, in occasione del ventesimo anniversario della Liberazione, uscì il documentario Le donne nella Resistenza di Liliana Cavani che, per la prima volta, dava voce alla presenza femminile nella Resistenza italiana. Progressivamente il fenomeno della “Resistenza taciuta” (silenzio prolungato sul ruolo rivestito da migliaia di donne ignorate dalla storiografia) venne superato. O forse no?

Il fascismo le voleva anonime e sottomesse. Madri, mogli, figlie e sorelle. Custodi del focolare e della famiglia. Loro si sono dimostrate eroine di guerra, donne indipendenti e autonome, coraggiose. Hanno provato la loro resilienza e la loro forza a tutto il mondo. Hanno contribuito a renderci tutte e tutti liberi. Sono state le madri, le mogli, le figlie e le sorelle di tutte e tutti.

Per questo motivo il 25 aprile deve essere ricordato ostinatamente e orgogliosamente. Per non dimenticare che siamo nati liberi e che quella libertà è un’eredità da custodire e proteggere.

 

(24 aprile 2023)

©gaiaitalia.com 2023 – diritti riservati, riproduzione vietata

 

 





 

 
 

 

 

 

 

 
 

 

 

 

 



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