Centoventimila soldati mandati al macello in nome di un’operazione speciale che non si poteva chiamare guerra, risarcimenti [sic] alle famiglie di ottantamila euro in cambio di un documento da firmare che li obbliga al silenzio e un regime dittatoriale che si irrigidisce giorno dopo giorno: questa è la Russia di Putin che ha invaso l’Ucraina nel febbraio 2022. A duemila euro di stipendio al mese.
Secondo un articolo del Corriere i soldati russi non vanno a morire in guerra per i soldi: sentirebbe “il bisogno di riprendersi la dignità perduta” perché “In Occidente la Russia non viene riconosciuta come eguale e mai lo sarà”, srà che da queste parti cerchiamo di imparare a non andare ad ammazzare la gente, gli oppositori, e di mantenere uno stato di democrazia decente senza prendercela coi vicini. Per l’uomo citato dal quotidiano andare a caccia di Ucraini a casa loro “È qualcosa di molto più significativo della vita civile”. Rock’n’roll.
Poi il quotidiano cita il sito indipendente indipendente Mediazona, gestito da un’oppositrice in esilio (guarda un po’) che parla di circa 120 mila morti in quasi novecento giorni di guerra. I feriti sono più o meno tre volte di più. Secondo il suto muoiono circa 120 soldati russi al giorno fino al 2023, oggi sarebbero circa il doppio. Il sito parla anche di uomini reclutati a forza, ma non conferma numeri né dati. Poi c’è l’altro aspetto più drammatico che riguarda gli scomparsi. Coloro, cioè, che sono vivi per l’esercito russo, ma sono morti per le loro famiglie che vengono ricompensate [sic con cifre che viaggiano tra gli 80mila e i 110mila euro, ma devono una dichiarazione con la quale si impegnano al silenzio nonostante di legale in ciò che firmano non ci sia niente.
Ma gli oligarchi hanno altro a cui pensare: dopo l’attacco ucraino a Kursk Gazprom ha annunciato che il gas costerà di più. Magari il Cremlino potrà comprare il silenzio altrui offrendo un po’ più di soldi.
(9 agosto 2024)
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