In Darfur meridionale, regione del Sudan che ospita il più alto numero di sfollati interni, è in corso una delle peggiori emergenze sanitarie del mondo per la salute materno infantile: le donne in gravidanza, così come durante o dopo il parto, e i loro bambini muoiono per cause del tutto prevenibili e i bisogni sanitari superano di gran lunga le capacità di risposta di MSF. È quanto emerge dal nuovo rapporto pubblicato oggi da Medici Senza Frontiere (MSF), intitolato “Driven into oblivion: il costo del conflitto e della negligenza sulla salute di madri e bambini in Darfur meridionale” (PDF in inglese).
Il numero totale di morti materne registrato in soli due ospedali supportati da MSF in Darfur meridionale ammonta a più del 7% del totale di morti materne registrate in tutte le strutture MSF nel mondo nel 2023, e uno screening della malnutrizione tra i bambini ha rilevato tassi ben oltre le soglie di emergenza. Lo scrive Medici Senza Frontiere in una nota stampa.
Di fronte a questa crisi, le Nazioni Unite devono agire con risolutezza per prevenire ulteriori perdite di vite umane in Darfur, accelerando il ritorno del personale e delle agenzie ONU nella regione e sfruttando tutte le risorse disponibili e l’influenza politica per garantire che gli aiuti arrivino a chi ne ha bisogno. Solo una risposta internazionale coordinata, sostenuta da finanziamenti consistenti e da una ferma pressione sulle parti in conflitto, può evitare una carestia di massa e alleviare le sofferenze di milioni di persone.
“Questa è una crisi diversa da tutte le altre che ho visto. Ci sono molteplici emergenze sanitarie che si stanno verificando simultaneamente con una risposta internazionale quasi inesistente da parte delle Nazioni Unite e di altri attori. Il numero di morti tra neonati, donne incinte e neomamme è sconvolgente. Così tanti decessi sono dovuti a condizioni prevenibili, ma nulla si muove” dichiara la dott.ssa Gillian Burkhardt, responsabile delle attività di salute sessuale e riproduttiva di MSF a Nyala, in Darfur meridionale.
I rischi per le donne partorienti
Da gennaio ad agosto, negli ospedali Teaching Hospital di Nyala e Kas Rural in Darfur meridionale, si sono registrati 46 decessi materni. La scarsità di strutture sanitarie funzionanti e i costi di trasporto inaccessibili fanno sì che molte donne arrivino in ospedale in condizioni critiche: il 78% dei 46 decessi materni negli ospedali di Kas e Nyala è avvenuto nelle prime 24 ore dal ricovero.
Tra le cause più comuni di morte tra le donne partorienti nelle strutture supportate da MSF in Darfur meridionale c’è la sepsi: la mancanza di strutture sanitarie funzionanti costringe le donne a partorire in ambienti insalubri e senza strumenti basilari come sapone, materassini per il parto puliti o strumenti sterilizzati, generando infezioni. Scarseggiano inoltre gli antibiotici e le donne arrivano in ospedale senza alcuna speranza di essere salvate.
“Una paziente incinta di un’area rurale ha aspettato due giorni per trovare il denaro necessario a farsi curare. Quando è arrivata in un centro sanitario non avevano farmaci, così è tornata a casa. Dopo tre giorni le sue condizioni sono peggiorate, ma ha dovuto aspettare ancora cinque ore per essere trasferita in ospedale. Quando ci ha raggiunto era già in coma. È morta per un’infezione evitabile” racconta Maria Fix, responsabile dell’équipe medica di MSF in Darfur meridionale.
Neonati e bambini, tra sepsi e malnutrizione
La crisi in Darfur meridionale si estende anche ai bambini, migliaia dei quali sono sull’orlo della morte e della fame, mentre altri muoiono per condizioni evitabili. Da gennaio a giugno 2024, 48 neonati sono morti per sepsi negli ospedali di Nyala e Kas: un neonato su cinque con sepsi non è sopravvissuto.
Ad agosto, 30.000 bambini sotto i due anni sono stati sottoposti a screening per la malnutrizione in Darfur meridionale. Di questi, il 32,5% è risultato avere malnutrizione acuta, ben oltre la soglia di emergenza del 15% fissata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, e l’8,1% dei bambini esaminati era affetto da malnutrizione acuta grave.
Crisi sanitaria, malnutrizione e conflitto: servono più aiuti
Prima della guerra la capitale del Darfur meridionale, Nyala, era un hub per le organizzazioni umanitarie ma dopo lo scoppio del conflitto la maggior parte delle organizzazioni non è tornata. Le Nazioni Unite non hanno ancora personale internazionale in città e MSF è una delle poche organizzazioni internazionali presenti. Tra gennaio e agosto, le équipe di MSF in Darfur meridionale hanno fornito 12.600 consulenze ante e post-natali e assistito 4.330 parti.
In tutto il Sudan, le crisi interconnesse si stanno sommando causando immense sofferenze, mentre gli aiuti disponibili non sono sufficienti. Anche i conflitti sono all’origine della crisi della salute materno-infantile, poiché la popolazione è sfollata e soggetta a violenze. Le carenze di approvvigionamento sono aggravate dalle parti in conflitto che, insieme ai gruppi armati affiliati, continuano a bloccare o limitare l’accesso agli aiuti salvavita. La crisi rischia di intrappolare le famiglie in cicli prolungati di malnutrizione, malattia e deterioramento della salute che continuerà per generazioni. “La madre dei gemelli è morta per una grave emorragia, lasciando altri otto figli” racconta una paziente assistita dai team di MSF. “Io e mio marito cerchiamo di prenderci cura di loro ma non guadagniamo abbastanza per sfamarli. Ora siamo in 13 in casa. Facciamo fatica, mangiamo porridge e salsa con un po’ di sale, poco o niente olio e verdura”.
“La disparità tra le enormi necessità di assistenza sanitaria, cibo e servizi di base e la risposta internazionale del tutto carente è vergognosa” afferma Burkhardt di MSF, che ha lavorato anche in Darfur settentrionale prima di lavorare in Darfur meridionale. “Chiediamo ai donatori, alle Nazioni Unite e alle organizzazioni internazionali di aumentare urgentemente i finanziamenti, nonché di potenziare e fornire programmi nutrizionali e di salute materna. Sappiamo che il Sudan è un luogo difficile in cui lavorare, ma aspettare che le sfide spariscano da sole non porta da nessuna parte. Per molte madri e bambini è già troppo tardi. È necessario gestire i rischi e trovare soluzioni prima che altre vite vadano perse”.
(25 settembre 2024)
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